Lucio Anneo Seneca nacque, in una data imprecisata che oscilla tra il 4 a.C. e 1 d.C., a Corduba, oggi Cordova in Spagna. La sua famiglia era di rango equestre e assai benestante. Molto giovane, Seneca fu condotto a Roma, dove ebbe l’occasione di studiare filosofia, formazione grammaticale e retorica. Intorno al 25, dopo una grave crisi depressiva, si colloca il viaggio di Seneca in Egitto, dove restò per circa cinque anni, ospite della zia e di suo marito, allo scopo di curare, in quel clima caldo, la salute cagionevole. Al ritorno dall'Egitto, all'incirca nel 31, iniziò per Seneca un decennio di brillante vita pubblica: intraprese la carriera politica, ottenendo la questura intorno al 33 e quindi l'accesso al senato; intanto si mise in luce nei salotti e nelle stanze del potere come oratore e uomo di cultura. Del 37, o di poco posteriore, è il suo primo scritto giunto fino a noi, la “Consolatio ad Marciam”. Forse fu proprio il contenuto troppo "libertario" di quell'opera, o le prese di posizione in orazioni pubbliche e in conversazioni private, oppure soltanto l'invidia nutrita verso di lui dal giovane imperatore Caligola, succeduto a Tiberio nel 37, ad annunciare il cambio di fortuna che stava per abbattersi sulla vita di Seneca: condannato a morte nel 39, non si sa sulla base di quale accusa, si salvò, sembra, per l'intervento di un'amante dell'imperatore che lo avrebbe convinto a desistere dalla condanna. Nel 41, all'improvviso, Caligola venne liquidato da una congiura di palazzo e l'impero affidato a Claudio. Fu forse in questo frangente che Seneca compose (o, per lo meno, iniziò) il suo primo trattato filosofico: il De ira, dedicato alla definizione di questa passione perniciosa, a esempio della quale è citato proprio Caligola. Alla fine di quello stesso anno 41, la moglie del nuovo imperatore, Messalina, accusò il filosofo di aver commesso adulterio con una sorella di Caligola; all'ultimo istante, la condanna a morte fu commutata in esilio, da scontare in Corsica. Otto infelici anni - dal 41 al 49- durò l'esilio, luogo desolato e "barbaro", dove però ebbe l’opportunità di dedicarsi più approfonditamente alla sua produzione letteraria. Nel 49 giunse improvvisamente la svolta: Agrippina Minore, nuova moglie di Claudio (dopo l'assassinio di Messalina), non solo ottenne il richiamo di Seneca a Roma e la sua reintegrazione in senato, ma gli affidò anche il compito di educare il figlio, Nerone. Quel ruolo pedagogico proietto Seneca ai vertici dell'impero quando, nel 54, ad appena 16 anni, Nerone succedette a Claudio (avvelenato, si ritiene, dalla stessa Agrippina), ed egli divenne il suo consigliere, indirizzandone, di fatto, le scelte politiche. L'influenza di Seneca sui primi anni del regno di Nerone- il cosiddetto “quinquennio felice" -fu comunque positiva, e scrisse a proposito il “De Clementia”, elogiando le qualità di Nerone e illustrando il programma politico che il filosofo gli aveva creato. Nel 62, a seguito della nascente tirannia di Nerone, Seneca decise di ritirarsi a vita privata: benché Nerone avesse rifiutato formalmente le sue dimissioni, egli si allontanò dalla città, per dedicarsi agli studi. Scampato a un tentativo di avvelenamento nel 64, Seneca non sfuggì però alla resa dei conti rappresentata dalla repressione della congiura di Pisone del 65, dove venne costretto al suicido assieme ad altre persone, tra cui il cugino Lucano.
Seneca, incarna appieno i valori tramandati dalla corrente filosofica stoica. Come abbiamo visto nella sua biografia, fu nel primo periodo a Roma che ebbe l'opportunità di studiare filosofia, ed è in questi anni che viene a conoscenza delle dottrine dei fondatori di questa corrente che predica il dominio della razionalità sulle passioni ("De ira", esempio di opera in cui Seneca parla di come dominare un sentimento). Il suo pensiero si concentra principalmente sull'etica e sulla pratica della virtù come mezzo per raggiungere la felicità e la tranquillità interiore. Seneca credeva che la saggezza consistesse nel vivere in accordo con la natura e nel coltivare la virtù, intesa come capacità di governare le proprie passioni e desideri. Per Seneca, le emozioni negative come la paura e la rabbia sono il risultato di giudizi errati e possono essere superate tramite la ragione e la riflessione. Un altro aspetto fondamentale del suo pensiero è l'idea di accettare il destino con serenità. Secondo Seneca, gli eventi esterni sono al di fuori del nostro controllo e quindi non dovrebbero influenzare la nostra pace interiore. Solo le nostre azioni e le nostre risposte a tali eventi sono sotto il nostro controllo. Seneca promuove anche la nozione di autarchia, ovvero l'autosufficienza, sottolineando l'importanza di essere indipendenti dalle circostanze esterne e dalle opinioni altrui. La sua filosofia pratica include consigli su come affrontare la morte, la malattia, la povertà e altri aspetti della vita con dignità e coraggio. Infine, Seneca insiste sulla necessità di riflettere quotidianamente sulle proprie azioni e di praticare costantemente la virtù per migliorarsi e vivere una vita autenticamente buona.
Sotto il titolo Dialogorum libri XII sono pervenuti dieci brevi trattati, di cui nove composti di un solo libro e uno da tre, per un totale di 12 libri. Non si tratta di "dialogo" nel senso platonico-ciceroniano (cioè discussione tra due o più personaggi con un'ambientazione storica, anche se fittizia), in quanto a parlare è sempre e soltanto Seneca, in un'esposizione continua che tuttavia presuppone un interlocutore. Il modello è piuttosto quello della diatriba, che ben si adattava alla caratteristica predisposizione di Seneca al colloquio: un confronto privo di preconcetti e pregiudizi, alla ricerca di una condivisione di riflessioni e di valori. Essi corrispondono per lo più ai titoli dei dialoghi, che così divengono piccoli trattati monotematici su concetti di filosofia morale.
Tramandati separatamente dai Dialogi sono tre trattati. Il De clementia, in due libri, fu composto fra il 55 e il 56, a breve distanza dall'ascesa al trono di Nerone, Dedicato al sovrano, è considerato il più importante testo politico della prima età imperiale. In esso sono illustrati i fondamenti teorici del programma che Seneca stesso, in qualità di “ghost writer”, aveva scritto per il giovane imperatore e che questi aveva presentato al senato. Tra il 59 e il 62 si collocano i sette libri del De beneficiis, dedicati a un amico di nome Ebuzio Liberale, che trattano del legame tra beneficato e benefattore e individuano nel beneficium, cioè nel dono, un fondamentale elemento di coesione sociale, oltre che un dovere per i ceti benestanti nei confronti di quelli più disagiati, in nome della comune dignità umana. Allo stesso periodo di ritiro dalla vita pubblica risalgono le Naturales quaestiones, dedicate a Lucilio, una vasta opera scientifica in sette libri, che contiene l'analisi di alcuni fenomeni naturali, dai venti alle comete, dalle piene del Nilo ai terremoti. Seneca riporta e discute le tesi di scienziati precedenti, accettando motivatamente l'una o l'altra o avanzando spiegazioni originali. Originale è anche la sua concezione della scienza come un patrimonio in continuo sviluppo e sottoposto ad assidue verifiche. Inoltre, coerentemente con la sua ispirazione filosofica, Seneca la considera funzionale al perfezionamento etico dell'uomo.