Il complotto ebraico

I protocolli dei Savi di Sion

Un caso particolare di razzismo è quello che attribuisce agli Ebrei caratteristiche morali negative e in particolare la pervicace volontà di comandare sulle razze superiori: poiché però gli Ebrei non avrebbero le qualità morali e fisiche per diventare una razza dominatrice. gli ambienti antisemiti hanno ritenuto che questo potesse accadere soltanto con l'inganno e con attività segrete. A questo scopo, agli inizi del Novecento, comparvero i Protocolli dei Savi di Sion, titolo di un libretto che presenta un piano ebraico per il dominio del mondo. Come sottotitolo in alcune edizioni si trova Il pericolo ebraico, in altre il Programma ebraico di conquista mondiale. La versione più nota è quella di Sergej Nilus pubblicata nel 1905 in Russia. Questo documento sarebbe il resoconto dettagliato di un discorso tenuto da un saggio politico di Sion ai suoi pari. I Protocolli si presentano come i verbali delle sedute segrete, tenute, non si sa dove né quando, da un numero imprecisato di sconosciuti capi supremi del popolo ebraico che avrebbero elaborato un piano mirante alla distruzione della civiltà cristiana e delle monarchie tradizionali per insediare «un re degli Ebrei» come «re del mondo».

Un falso storico

I Protocolli dei Savi di Sion sono in realtà il plagio di un libro– per niente antisemita - dal titolo “Dialogo all'inferno tra Machiavelli e Montesquieu” , una pubblicazione antibonapartista scritta nel 1864 a Bruxelles. Più precisamente furono realizzati fra il 1900 e il 1901 da Mathieu Golovinski, un nobile russo esiliato a Parigi. L'autore stese quel libro senza rendersi conto della sua portata: si trattava di un lavoro su commissione. I Protocolli sarebbero infatti nati per volontà del capo della polizia segreta russa come propaganda destinata a giustificare la politica antiebraica del suo paese.

L'affare Dreyfus

Il caso Dreyfus ebbe inizio nel 1894 quando i servizi segreti francesi trovarono nell'ambasciata tedesca materiali utilizzati dall'esercito francese, compresa la dislocazione delle truppe sulle frontiere franco-tedesche. Segui immediatamente un'inchiesta, durante la quale si scopri che vi era una certa somiglianza tra la scrittura presente in quei materiali e quella del capitano Alfred Dreyfus, ufficiale dello Stato Maggiore. Nel clima antisemita che regnava in quel periodo in Francia, le origini ebree del comandante giocarono a suo svantaggio. Dreyfus venne incarcerato. Nuove analisi grafologiche misero però in dubbio che si trattasse della sua serittura, per cui il capitano avrebbe dovuto essere rilasciato. Ma la rivelazione della colpevolezza di Dreyfus diede avvio a una campagna di stampa che impedi al governo di tornare sui propri passi: il processo divenne inevitabile. Inutilmente Dreyfus protestò la propria innocenza: il consiglio di guerra lo dichiarò all'unanimità colpevole di spionaggio. La condanna fu durissima: il 5 gennaio 1895, nel cortile della scuola militare, davanti a una folla carica d'odio, Dreyfus fu solennemente degradato e condannato ai lavori forzati nel terribile carcere della Guyana francese.

"J'Accuse"

La scrittura incriminata era infatti simile anche a quella di un altro ufficiale, il comandante Esterhazy, un nobile oberato dai debiti di gioco e con sospette frequentazioni con ufficiali tedeschi. Per scagionare Esterhazy, i servizi segreti francesi guidati dal colonnello Henry produsse ro altri documenti che accusavano Dreyfus. Grazie a questi documenti, il processo contro Esterhazy, tenutosi nel 1898, si concluse con il suo proscioglimento. Ciò permise al primo ministro francese Méline di affermare in maniera perentoria: «Non c'è nessuna questione Dreyfus», polemizzando così con il celebre scrittore Émile Zola, che il 13 gennaio 1898 aveva pubblicato sul giornale repubblicano «L'Aurore» un articolo intitolato J'Accuse («lo accuso») nel quale accusava tutto lo Stato Maggiore francese di avere inquinato le prove macchiandosi «di una delle più grandi iniquità del secolo».

Nell’agosto 1898, il colonnello Henry dichiarò di aver fabbricato false prove, e si suicidò tagliandosi la gola nella sua cella dopo il suo arresto. Nel 1906 dopo anni di forti proteste, la Corte di Cassazione emise la sentenza definitiva: Dreyfus era innocente, e dopo 12 anni fu riabilitato nell’esercito.