Edvard Munch nasce in Norvegia da una famiglia povera e numerosa, e tutta la sua vita è segnata da lutti di familiari e problemi psicologici. A partire dal 1880 inizia a dipingere regolamentate e inizia i suoi studi artistici alla Scuola Reale di Pittura di Oslo. Muore il 23 Gennaio 1944, bella sua piccola proprietà vicino Oslo, lasciando tutti i suoi beni in eredità al comune, che nel 1963 gli dedicherà un museo “Munchmuseet”.
La pittura di Munch non vuole rappresentare persone o paesaggi, ma bensì emozioni e sentimenti. Le figure non sono altro che contenitori di emozioni, involucri. “Io non dipingo ciò che vedo, ma ciò che ho visto”, con questa frase Munch prende le distanze dall’impressionismo e dall’ “en plain air”. Sera nel corso Karl Johann: La prospettiva degli edifici di sinistra, pur essendo volutamente incerta e quasi sbilenca, suggerisce un punto di fuga lontano, Munch interpreta il rito del passeggio, tipico di un certo ambiente borghese, come una processione di spettri dagli occhi sbarrati. Dell'umanità dei personaggi non sono rimasti che gli attributi esteriori: i seri cilindri degli uomini e gli sfiziosi cappellini delle signore. I volti, invece, sono maschere anonime e scheletriche (ricordano le mummie indigene Peruviane), oscure incarnazioni di vite senza passato né individualità. Il senso che se ne ricava è quello di un feroce attacco alla borghesia e alle sue vuote ritualità.
È sicuramente l’opera più famosa di Munch, dove il suo linguaggio espressivo raggiunge l’apice. Il dipinto fa parte di una grandiosa narrazione ciclica intitolata “Il Fregio della vita” (1893-1918) e composta da numerose tele, a loro volta suddivise in quattro grandi temi con forti risvolti psicologici: La nascita dell'amore, La fioritura e la dissoluzione dell'amore, La paura di vivere, La morte. “Il grido”, naturalmente, appartiene al soggetto della Paura di vivere. La scena è fortemente autobiografica, come descrive in un suo diario. L'uomo in primo piano esprime, nella solitudine della sua individualità, il dramma collettivo dell'umanità intera. ll ponte, la cui prospettiva si perde all'orizzonte, richiama i mille ostacoli che ciascun uomo deve superare nella propria esistenza, mentre gli stessi amici che continuano a camminare tranquillamente, incuranti dello sgomento individuale, rappresentano con cruda disillusione la falsità dei rapporti umani. E l’urto di chi si è perso dentro, di chi non ha nessuno ed è sconfitto dalla vita.